Pulisco nuovamente occhiali e visiera e, complice il sole nascente, il problema della brina si attenua e posso riprendere la marcia con a visiera abbassata. La natura intorno a me è meravigliosa, la strada quasi perfetta ed il traffico scarsissimo. Alcune scimmiette si fermano in strada, ma scappano leste all’arrivo di qualsiasi veicolo e, nonostante sia pericoloso trovarsele in mezzo alla carreggiata… mi stanno simpatiche! Alcuni camion od autobus tagliano le curve in maniera preoccupante, tuttavia il modo di guidare è ben lungi da quello indiano.
Meno clacson, meno fretta… sicuramente è anche (e soprattutto) il mio modo di guidare a farmi percepire le cose in maniera diversa: non ho più il fiato sul collo e posso snocciolare marce e curve in totale rilassamento. Tanti bambini ricambiano i miei saluti con la mano… invece tanti adulti mi guardano e non mi salutano, ma chi se ne frega! Ho il problema di dover cambiare soldi e mettere benzina. Inoltre la batteria non è completamente carica ed ogni volta che spengo il quadro perdo il conteggio parziale dei chilometri fatti. Percorro 100 km ed arrivo a Lamhi, paesino molto tranquillo, tappa di molti autobus in viaggio da e verso la capitale. Mi indirizzano verso una banca dove potrò cambiare dei soldi, mentre una pompa di benzina è all’ingresso del paese. Sono il primo cliente ed una ragazza carinissima (per non dire bellissima) cambia le mie rupie indiane con quelle nepalesi. Facciamo un po’ di conversazione in quanto è curiosissima circa il mio viaggio: le spiego le motivazioni, i Paesi attraversati, qualche notizia… e quando alla sua domanda “Perché viaggi?” rispondo con “Per viaggiare!” le si aprono gli occhi e mi chiede di rivederci. Si offre di registrare una SIM card a suo nome, visto che per me sarebbe complicato ottenerne una, e di farmela usare durante i miei giorni in Nepal.
Ci scambiamo e-mail e contatti vari: la invito a pranzo, ma non può lasciare il lavoro. Mi chiede di vederci alle 17:00, tuttavia sono le 11:00 e vorrei proseguire per Kathmandu. Ci penso un po’: vado in un internet-caffè, metto benzina, cerco un hotel. Non sono sicuro di voler stare qui un intero giorno: ho percorso appena 100 km e Kathmandu è lontana…ma gli occhi ed il bel musetto di Sunika mi hanno già conquistato e decido di fermarmi per la notte. Ome si dice: “Tira più… che un…” Ma, a pensarci bene, avrò modo di riposare e sistemare un po’ i miei malandati bagagli. Per la prima volta dopo quattro giorni posso concedermi una doccia, ma è un lusso pagato a caro prezzo: nell’hotel non v’è acqua calda! Dormo un paio d’ore (mi sembrano venti minuti), tolgo un po’ (un bel po’) di polvere da giacca, pantalone, stivali e borse… insomma mi rimetto un po’ in sesto dopo questi cinque giorni di apnea in viaggio. Anche la storia della Polizia e del problema alla moto non sono stati roba di poco conto… Verso le 15:45 faccio un giro in paese e sento che il mio cervello, anestetizzato dai giorni e dai chilometri in viaggio, inizia veramente a farsi risentire! È come un fiume in piena e, dopo ore ed ore di traffico, clacson e giri motore, riesco a sentire nuovamente il vociare dei miei pensieri. Quel che vedo in questo paesino mi piace: non è tanto diverso da quelli visti in India, tuttavia sento che molte cose sono diverse. La sporcizia c’è, le strade sono polverose e qualcuno ancora guida suonando a più non posso, ma sento di aver rallentato e tutto, intorno a me, sembra aver ripreso a scorrere ad una velocità più congeniale.
Mi siedo a guardare il tramonto e penso… penso… ad un sacco di cose! Che sia questo quel che cercavo? Quando ho iniziato il viaggio mi sono reso conto di voler esplorare quanto più possibile questo mondo e capire se possa esistere un posto adatto a me. Nel mio ideale si tratta di un posto di mare, con un bel fruscio di onde come sottofondo… ma niente caos, niente schiamazzi, niente grandi città e frenesia… Che sia questo silenzio intorno a me, dopo giorni di caos, a conquistarmi? Che sia tutta qui la mia ricerca? Ovvero: che il tutto si riduca a trovare un posto silenzioso? Mi sembra un po’ pochino… eppure preferisco glissare e mi riprometto di affrontare nuovamente l’argomento più avanti… Passa un trattore ed i miei pensieri mutano forma. Non lo vedo, lo sento solamente. Il suo motore è quello tipico di ogni trattore, sia qui sia in Italia od ovunque nel mondo. Eppure è un trattore ‘nepalese’. E se il suono che emette è sempre lo stesso (così come un gatto fa “Miao” sia qui sia in qualunque parte del mondo) perché noi umani facciamo di tutto per contraddistinguerci? Non siamo tutti figli della stessa madre? Non siamo uguali? Certo, cambia il colore della pelle, la lingua… ma in fin dei conti cosa ci differenzia da un posto all’altro? Forse una bandiera? La religione? Il cibo?
Sento che c’è qualcosa in questi pensieri… come quando hai un nome sulla lingua e non riesci a tirarlo fuori… Sento di poter cavare una piccola spiegazione ed esser vicino ad una sorta di rivelazione,… ma la mia mente si ferma qui, ad un passo, e nulla cambia. Eppure non finirà qui: sono convinto di tornare a riflettere anche su questo argomento molto presto… Cammino per la strada principale per perdere un po’ di tempo prima dell’appuntamento. Mille pensieri mi attraversano: come se durante i giorni di marcia ‘forzata’ in moto fossero stati coperti dal vocione della mia moto… ed ora siano tornati alla carica per farsi sentire (e protestare) a gran voce. Sento che un mare di riflessioni sta per abbattersi su di me… ma non posso abbandonarmi in balia degli elementi, devo concentrarmi su poche cose alla volta, altrimenti non ne caverò un bel niente! Raggiungo Sunika ed insieme compriamo la scheda telefonica. È la prima di quattro figli, ha una vocina soave e due occhi così belli da farle una foto ogni volta che riapre le palpebre. La invito a cena, ma il paese è piccolo e mi fa capire che, suo malgrado, preferisce evitare… tuttavia il 24 dicembre sarà a Kathmandu e spera di poterci rivedere là. E lo spero anche io! Ci salutiamo con la promessa di rivederci l’indomani per fare colazione insieme… Torno al mio hotel per gustarmi una delle cene più piccanti della mia vita e rientrare in camera con la bocca in fiamme. Diverse ore per buttare giù le pagine del Diario: di giorni ne sono trascorsi tanti e sono stati indefinitamente intensi. Stanco ed assonnato, mi ributto sotto le coperte, pronto ad affrontare una fredda e rumorosa notte in compagnia di zanzare e vociare proveniente dalla strada…
Ma prima di cadere fra le braccia di Morfeo ricevo una telefonata: “Facciamo colazione insieme domani?” mi dice Sunika. Direi che ho dei validi motivi a rispondere di sì! L’indomani, in presenza di un collega del lavoro, gustiamo del caffè dinanzi alla strada principale del paese. Immagino non volesse farsi vedere da sola con me… Fa freddo, eppure la gente va in giro con gli infradito e vestiti poco pesanti. Parliamo per più di un’ora e mi racconta di voler andare anche lei in Australia, ma per il visto potrebbe esser difficile e, comunque, al cambio attuale la faccenda (per i nepalesi) costa una barca di soldi. Non ha mai lasciato il Nepal e ci vuole poco a capire che non abbia mai visto il mare. Per me è una cosa stranissima: non riuscirei mai a concepire la mia vita senza vedere il mare. Ogni volta che tornavo a Termoli (dai posti sperduti in cui m’è toccato lavorare) prendevo sempre la via del lungomare e me ne stavo là, in contemplazione, prima andare a casa dai miei. Eppure questa ragazza non ha mai visto una cosa del genere. Che strano… e soprattutto: che ingiustizia!
Ci salutiamo con la promessa di rivederci a Kathmandu… chissà… Torno in hotel, ricarico la moto, ingrasso la catena e via sparato verso Est! La strada è buona, non c’è molto traffico e finalmente viaggio al ritmo che voglio io. Niente fretta, niente orologio, niente di niente! Il manto stradale mi conduce verso delle colline e, fra una curva e l’altra, sento una sensazione di benessere crescente dentro di me. Curvo a destra e sinistra in una vegetazione lussureggiante, fra camionisti che non attentano più alla mia vita (almeno non tutti!) e tanti contadini alle prese con il loro duro lavoro. Attraverso qualche paesino ed il sorriso dei bambini che incrocio bypassa il nervo ottico e mi arriva diritto al cuore: sono così spontanei e raggianti da lasciarmi basito. Potrebbero fare la pubblicità di un dentifricio per quanto sono belli! Sono momenti di vera goduria: sole, curve, natura, bambini che mi salutano e un senso di liberazione… Se la felicità dura pochi attimi, sono contento di averne rubati alcuni per me… proprio ora! Lungo un rettilineo, mentre sorpasso un camion, intravedo una bici carica di bagagli. Faccio inversione e mi presento ad un ragazzo francese di nome Erwann (www.flickr.com/photos/thelongwayeast), partito da Kathmandu da poco e diretto in India. Ci scambiamo un po’ di considerazioni e gli racconto di aver incontrato due ciclisti francesi (Bertrand e Loic) ed una coppia di tedeschi (Chris e Anne) in Turchia. Chiacchieriamo delle rispettive esperienze e dei reciproci itinerari… manco cinque minuti e compare un altro ciclista: è Bertrand! Resto impietrito! “Stavo parlando di te dieci minuti fa!” Eccezionale questo viaggio, mi sta regalando delle sorprese veramente incredibili! Ci fermiamo tutti e tre a chiacchierare per quasi un’ora, come se fossimo tre vecchi amici che si rincontrano dopo tanto tempo.
Tanti consigli, condivisione di informazioni ed esperienze e le immancabili foto di turno. Bertrand, che si è separato dal suo compagno di viaggio per insanabili divergenze, (mi ricorda qualcosa…) arriverà a Kathmandu fra cinque giorni, quindi ci diamo appuntamento per trascorrere un paio di giorni insieme. Erwann è diretto in India, ma prenderà un aereo per Vietnam, Cambogia, Thailandia, e Malesia, dunque non sarà difficile rincontrare anche lui! Non so com’è, ma sento di condividere tantissimo con queste persone. Anche loro hanno faticato tanto (anche più di me, visto il mezzo di trasporto che hanno scelto), hanno scommesso su loro stessi e, sicuramente, se hanno intrapreso un viaggio del genere devono condividere buona parte delle motivazioni che hanno spinto anche me. Questo incontro mi farà riflettere ancora… ne sono certo! Erwann mi consiglia di fare un salto a Lumbini, paesino raggiungibile con una breve deviazione dalla strada ‘maestra’ che mi condurrà a Kathmandu. Si narra che Buddha sia nato in questi posti e sono sorti, negli ultimi anni, diversi monasteri per numerosi fedeli in arrivo. Un po’ inflazionato, ma sembra un bel posto da vedere e decido di raggiungerlo. Non è molto distante e poco dopo pranzo sono sul posto: il monastero sud coreano sarà il mio ‘nido’ per la nottata! Difatti vi è una struttura dedicata proprio innanzi al tempio e, finalmente, anche la tanto agognata acqua calda! Tutt’intorno monasteri buddhisti di diverse nazionalità: giapponese, francese, indiana, cinese… praticamente ogni nazione ha un ‘suo’ tempio dedicato.
Come se a San Giovanni Rotondo vi fossero diverse chiese tutte dedicate al culto di Padre Pio (che comunque è nato a Pietrelcina… mah!). In questo vedo solo opportunismo e poca ‘sana’ fede religiosa. In un vastissimo bosco si stagliano tutti questi edifici: quasi equidistanti gli uni dagli altri, ai miei occhi servono sono assolutamente superflui. Così come l’incantatore di serpenti ed il venditore di collanine. Ma è così che vanno le cose… anche da queste parti! Dopo un po’ di foto e di camminare, alle 18:00 posso gustarmi una calda cena e fare conoscenza con dei ragazzi presenti nella stessa struttura. Si sono incontrati a Kathmandu presso un tempio che offre la possibilità di fare una full immersion di buddhismo: un mese intero a meditare, pregare e vivere come un monaco! “Wow!” penso “Una volta a Kathmandu voglio provare anche io!” Scambiamo due chiacchiere, assistiamo ad una funzione e ci immergiamo in una ‘seduta’ meditativa al chiarore di fioche candele… La sala è gelida, tuttavia sto bene anche solo con la felpa… complice la doccia calda? Tuttavia un senso di pace, rilassamento e tranquillità mi accarezza. I suoni che accompagnavano la funzione testé terminata avevano un che di inebriante… sentivo le mie membra vibrare all’unisono con tutto ciò che vedevo intorno.
Ma ora il silenzio più totale impera e non vi è altro da fare che meditare. Il che, per me, è assolutamente una cosa da scoprire! Non so a cosa pensino gli asceti o i monaci, ma per me tutto questo significa una cosa sola: sgombrare completamente la mente e concedermi una pausa da tutti e da tutto. Parrà strano, ma visto il fiume di pensieri che mi accompagna da sempre… staccare la spina, sebbene per pochi minuti, per me è una fantastica sensazione di liberazione! Torno in camera deciso a spararmi una bella nottata di sonno e riposo. Mentre chiacchiero con Scilla, già arrivata a Kathmandu, salta la luce, come di consueto in tutto il Nepal a sera e a mattina. Nell’ampia camerata che mi ospita mi attende un letto di legno, un sottile materassino, due fantastiche coperte (volendo anche tre) e cuscini in abbondanza… Sento proprio che stanotte Morfeo non avrà vita facile!