Vengo ospitato da persone simpaticissime e disponibili, giusto il tempo di gustarmi un buon caffè italiano (per la prima volta sinora in Australia) e provare il tipico e locale Chicken Parmigiana… decisamente meglio il primo. Intorno a me miniere e terra rossa, sembra di esser circondati da campi di tennis. Proseguo verso Port Augusta e decido di sostituire i cuscinetti delle ruote anteriori: a sterzo completamente girare sento degli scatti e scricchiolii poco simpatici.
Stranamente, quelli che sostituisco sono discreti, tuttavia la moto smette di produrre crepitii una volta con quelli nuovi. Mistero. Spero, adesso e finalmente, di aver sistemato una volta per tutte l’avantreno. I cuscinetti di sterzo, non al massimo della forma, dovranno aspettare e faticare ancora un po’. Mentre esco dal paese intravedo una Yamaha Ténéré carica di bagagli ed intuisco si tratti di un viaggiatore che viene da mooolto lontano. Trattasi di un argentino partito dalla Francia, scambiamo qualche parola e pranziamo insieme. Sta viaggiando molto speditamente verso Melbourne, ma decide di concedersi un detour per visitare con me il Flinders Rangers National Park. Avere un compagno di viaggio, per la prima volta in vita mia, non mi dispiace, così puntiamo dritti verso nord. Le strade ci conducono ben presto in territori aridi, ricchi di terra rossa, diavoli di sabbia, carcasse di canguri e strade rettilinee che si perdono all’orizzonte. Troviamo un’andatura comune di 90/100 km/h e mi viene offerto di fare strada, quasi fossi esperto di questi territori. Dopo una sosta tattica per cercare il rifornimento meno esoso, puntiamo dritti verso il cuore di questo parco nazionale, una vera e propria meraviglia circondata da alte e strette colline. Intorno a noi: il nulla. Passiamo diversi villaggi abbandonati, risalenti a più di cento anni fa.
Già mi sento di testare luoghi remoti ed isolati, viverli a quei tempi sarebbe stata davvero, davvero tosta. La benzina che abbiamo nei serbatoi è sufficiente a girare il parco e fare qualche bella strada sterrata, ma non possiamo rischiare di perderci, sarebbe davvero traumatico. La stazione di servizio più vicina non lo è per niente (vicina, intendo), e quando abbandoniamo l’asfalto per la terra rossa, siamo entrambi abbastanza provati dai tanti chilometri e dalla calura asfissiante. Ma esser qui ci ripaga dei tanti chilometri fatti: appena entrati nella cinta che protegge questo parco, immediatamente rocce, alberi secolari, gretti secchi e tantissimi animali selvatici. Non starò qui a cercare di descrivere, preferisco caricare qualche fotografia extra per poter rendere l’idea. Anche se sono conscio che le foto deficitano: il posto è veramente molto più spettacolare dal vivo! Ed esser arrivato qua da solo, be’: rende l’esperienza ancor più godibile! Sui lunghi tratti sterrati devo cedere il passo all’argentino: la sua moto pesa meno della mia, ha meno bagagli e più esperienza, avendo fatto la Mongolia per venire sin qui… ma non mi pesa arrivare per ultimo, ci guadagno qualche fotogradia mentre guido, ricordi rari per me sinora. Le strade (si fa per dire) che attraversano il parco sono pochissime e noi ci mangiamo metà dello stesso per peronottare poco al di fuori, ricongiungendoci con l’asfalto, là dove i canguri dormono indisturbati ai lati dello stesso.
Scorso un lookout (punto panoramico) sopra di un’alta collina e là decidiamo di piantare le tende, in barba al forte vento. Le piazziamo così da non esser visibili dalla strada, c’è sempre il rischio che qualche ranger decida di multarci… Intorno a noi colline e terra rossa ovunque, lo scenario è formidabile. Prendo quel poco che ho nel bauletto e mi avvicino per condividerlo col mio collega: sinora siamo andati molto d’accordo, resto molto stupito nel vederlo allontanarsi e mettersi a cucinare vicino alla sua moto. Non capisco, ma mi ricordo delle ragioni che mi hanno portato a viaggiare da solo, sinora. Durante la notte il cielo più spettacolare della mia vita: non c’è una nube, la luna s’è nascosta ed intorno a me stelle dappertutto. Non c’è la minima forma di inquinamento luminoso: è lo spettacolo più bello della mia vita. Quasi son contento non si possano fare foto decenti… preferisco resti dipinto nel fondo del mio nervo ottico per sempre. La mattina lo scenografo del film Wolf Creek 2 viene a farci visita e ci fa delle foto per prendere ispirazione su come fanno colazione i viaggiatori. Se mai ci sarà un Wolf Creek 3 e si vedranno dei motociclisti massacrati (anziché i consueti backpacker), be’ forse sarà anche merito nostro. Non capisco assolutamente cosa sia preso al mio compagno: lo aiuto a connettersi ad internet col mio cellulare, ma non ricevo che uno striminzito “Grazie” e nessuna altra comunicazione. Non ho fatto né detto nulla di male, ma non ho voglia di soffrire per la lunaticità di nessuno. Riprendiamo la nostra stada, riaddentrandoci nel lato est del parco ed andando a sbirciare un canion indicatoci da alcuni cartelli. Più volte ho detto di non volermi fidare di queste indicazioni e più volte ci casco: facciamo 19 km ad andare ed altrettanti a tornare.
La strada merita, è uno sterrato molto veloce con delle belle curve e dossi, ma il canion, come da programma, delude e non bastano delle iscrizioni aborigene a salvarne la reputazione. Il ritorno è veloce e caratterizzato da una sosta per la benzina e l’acqua, a me non serve altro. Io ed il mio compagno di viaggio ci salutiamo semi calorosamente e ci scambiamo i rispettivi contatti. Un “Buona strada” non lo rinnego a nessuno, ma riassaporare la solitudine (sebbene dopo sole 24 h di ‘convivenza’) mi fa capire quanto preziosa sia l’indipendenza. Arrivo a Port Pirie per trascorrevi una sola notte: il posto è davvero piccolo, non avrei rimpianto una notte un più. Per fortuna il mio ospite mi accompagna a Port Germein, giusto in tempo per fare un tuffo dal pontile più lungo di tutto il SA. L’indomani il tempo è nuvoloso e fa discretamente freddo, non abbastanza per farmi rimanere sull’asfato a lungo: via di strade sterrate per evitare la lunghissima autostrada che mi conduce ad Adelaide. Qui i cartelli con incazioni verso Sydney e Melbourne abbondano, ma io sono pronto a trascorrere una settimana in una delle città più canzonate d’Australia. E dire che di cose, ad Adelaide, ne accadranno veramente tante…