posso rimettermi dal lato su cui ho guidato per undici anni! Ora spero solo di non fare confusione! Due ore di coda ed il visto è nelle mie mani, pranzo volante a Vientiane e via come un razzo (si fa per dire, vista la qualità delle strade laotiane) verso Vang Vieng, distante quattro ore di viaggio. Ma per me ce ne vorranno tre e mezza. Questo paesino è rinomato in tutto il mondo (ma scarsamente in Italia, visto che sono l’unico ‘uomo tricolore’ del circondario) per il tubing, ovvero farsi trascinare dalla corrente del fiume su grossi salvagenti e spostarsi da una festa all’altra. Il prezzo di alcool e droghe è irrisorio da queste parti, tutto sembra legalizzato e… in strada una mandria di ragazzi e ragazze ubriachi, festanti, fragorosi e rigorosamente in costume. Arrivo che il sole è appena calato ed un ragazzo svedese, alla sua quarta visita (la prima durata ben tre mesi) mi suggerisce l’ostello dove alloggia.
Non male, zona centrale, toilette all’’europea’ e acqua calda! Dopo aver passato la giornata in sella sotto un sole cocente, sono un tripudio di sudore, polvere rossa (l’asfalto scarseggia da queste parti) e capelli scombinati; non posso chiedere meglio di un bel getto d’acqua calda! Difatti mi butto sotto la doccia con tutto il completo da moto indosso. E non sto scherzando! E la ‘lavata di testa’ che ne consegue non è meramente materiale. Difatti sento di dover fare dei ragionamenti e nel corso dei giorni successivi cercherò di fare il punto della situazione su me stesso e sul viaggio. La moto è a posto, me ne sono preso cura a Bangkok, quindi per lei solo una bella pulita alla catena viste le polverose strade laotiane. Sistemo un po’ di foto, mi faccio un giro per le rumorose stradine del centro.
Scrivo una pagina del Diario e mangio un po’ di cibo locale. Rispondo ad un (bel) po’ di e-mail arretrate e mi vado a fare un giro in moto per esplorare i dintorni. Sono venuto qui su suggerimento di Bastiaan con l’intenzione di restare un paio di notti. Alla fine saranno quattro. Il panorama è bellissimo: montagne in lontananza, fiume e verde ovunque: il Laos è davvero bello. E la gente non manca di esser sorridente e cordiale, sempre! Le strade sono state costruite grazie ad aiuti di altre nazioni (come recitano le numerose targhe per ringraziare i diretti interessati) ed il reddito medio è davvero basso. Per questo in molti vengono in Laos da ogni parte del mondo per visitare questa parte di Asia… In questi giorni incontro anche il tedesco Tom, in viaggio da un anno e mezzo con la sua GS, e Janine e Fabian, svizzeri alle prese con troppi Paesi da visitare. Mi condedo anche la visita alla Laguna Blu e la grotta di Tham Poukham, visitabile a torcia fin nelle sue cavità più nascoste e dove trova riposo un piccolo Buddha dormiente. Ma, nonostante tutto, mi sento leggermente fuori luogo qui. Tanti giovani che si divertono e godono del proprio entusiasmo, danno sfoggio delle proprie emozioni (e non solo) e si ubriacano come matti non sono al di fuori dei miei canoni, sia chiaro. Ma in questo momento sento che sono in una fase diversa del viaggio e faccio fatica ad inquadrarla.
Mi sembra che io stia quasi sprecando del tempo qui, deviando (per la prima volta) dalla rotta originaria verso la mia meta. “Non c’è nulla di male…” cerco di ripetere fra me e me “…se decido di prendermi due settimane per scoprire una nuova parte di mondo, senza fine uteriore!” In effetti sinora ho sempre viaggiato in direzione est, ora dovrei dirigermi a sud invece… vado a nord! Sembra strano, in fondo dovrei considerarmi in ‘vacanza’ da quando sono partito, eppure non è così. Altro che vacanza: questo progetto dovrebbe portarmi ad un nuovo capitolo della mia vita, dunque di cose in ballo ce ne sono davvero tante. Eppure, adesso, sto deviando e prendendomi una pausa da tutto questo. “Faccio bene?”continuo a chiedermi. Perché non rieco a godermi questi giorni in santa pace e vederli come un momento scevro da tutto il resto? Finora ho viaggiato per un fine più grande, che male c’è prendersi due settimane per viaggiare e basta? In fondo a chi faccio del male? L’Australia è sempre là, può aspettarmi ancora un po’ di giorni, non credo brami di vedermi così presto. Spero vivamente che questa mia ‘deviazione’ mi porti qualcosa di buono… In fondo visitare altri tre Paesi (Laos, Vietnam, Cambogia) non può che arricchirmi… dovrei essere raggiante! Invece penso al dover arrivare a destinazione quanto prima per mettermi alla ricerca di un lavoro…
Riesco, solo al quarto giorno, ad accantonare i ‘cattivi pensieri’ e fare pace con me stesso. In fondo ognuno di noi è il giudice più severo che possiamo avere… ed io non faccio eccezione. In parte vengo aiutato dalla notizia di non poter entrare in Vietnam con la mia motocicletta. L’alternativa di visitarlo andandoci senza di lei non è neppure in discussione, quindi amen. Però questa notizia, anziché rattristarmi, mi fa capire che ho molti giorni in meno di viaggio da affrontare, potrò tornare a Bangkok (e conseguentemente verso la rotta ‘maestra’) prima del previsto e… insomma, mi fa sentire meno ‘colpevole’. Non voglio dilungarmi, ora va bene così e pace. Ho sistemato gran parte del lavoro arretrato che avevo in Vang Vieng, un vero e proprio ‘tempio’ di cazzeggio e perdizione, ora posso ritenermi soddisfatto e riprendere la marcia. Lascio Vang Vieng di prima mattina, mi metto in sella aspettandomi ancora polvere e sassi alla fine di ciclici lembi di asfalto com’era stato arrivando sin qui… invece la strada (come sempre) mi sorprende con un asfalto ottimo, paesaggi mozzafiato e un sole degno di tale nome (ma solo dalle 10:00 in poi). In sella alla mia adorata percorriamo chilometri per ore senza mai stancarci, fra curve di seconda e terza prese con piglio deciso, netto, sicuro. L’ultima volta che mi ero divertito così risale a quando trotterellavo verso Kathmandu… ma stavolta posso osare ancora di più e consumare le mie enegie attorno a curve e strapiombi con un sorriso a ottantacinque denti. La moto mi dà infinita sicurezza e sento l’anteriore saldo come quello di una supermotard.
Non molla e non tradisce, sembra non chieda altro che esser sbattuto da una parte all’altra della corsia senza tatto alcuno. Ed io mi diverto, valicando monti e restando semplicemente estasiato dinanzi alla possenza e alla bellezza della natura circostante. A volte devo concentrarmi per non sviare lo sguardo dalla strada: un errore e volerei per chissà quanti metri giù per una scarpata… Un’estasi paradisiaca per membra (la guida) ed occhi (il panorama), oggi non posso chiedere di meglio! Dopo un bel po’ ore di marcia incrocio Martin, tedesco in viaggio coi i suoi amici in sidecar, che mi avvisa dello scadimento delle condizioni stradali nel prosieguo (fa il mio stesso percorso, ma in senso inverso). Difatti, di lì a poco, mi ritrovo senza più asfalto sotto le ruote, bensì sassi, pietrisco e sabbia rossa in quantità. Sembra di esser tornato a Tatvan, in Turchia… La mia percorrenza media cala drasticamente e mi ritrovo a faticare e restare in piedi sulle pedane. Il giro che sto facendo mi condurrà verso sud evitando (almeno per ora) strade principali o troppo trafficate: se devo visitare questo Paese, voglio entrare nel cuore del suo territorio! La meta che mi sono prefissato per la notte è Prakxan, snodo verso la statale 13, rotta congeniale verso la Cambogia. Tuttavia mi rendo presto conto di non poterla raggiungere con la luce del sole… o trovo un ostello lungo il percorso (ma qua si vedono solo paeselli con quattro case di agricoltori e pastori) o mi dovrò scegliere un posto sicuro per dormire in tenda.
Mentre mi fermo per fare l’ennesima fotografia, il fattaccio: uno scooter che mi viene incontro perde il suo passeggero posteriore, il quale rotola rovinosamente a terra. Mi ci vuole un po’ a realizzare quanto accaduto: una nuvoletta di polvere rivela il corpo di una ragazza tramortito al suolo, sanguinante ed incosciente. È abitudine che le donne siedano sul sedile posteriore mettendosi con entrambe le gambe da un lato… forse si sarà sbilanciata a causa delle condizioni della strada. Fatto sta che, ovviamente e purtroppo, è senza casco. Mi avvicino per cercare di capire come sta, ho il kit di pronto soccorso con me, ma servirà a poco. Il ragazzo che guidava cerca di agitarla per rinsavirla, non conscio de fatto che sia meglio lasciarla a terra nel caso di eventuali lesioni interne o alla spina dorsale. La ragazza non ha tagli o perdite di sangue copiose, ma deve aver battuto forte la testa perché è completamente incosciente ed emette solo dei pacati gemiti di dolore. Subito accorre una folla di curiosi i quali, anziché cercare di dare una mano, non fanno altro che ciarlare fragorosamente e disordinatamente. Mi sento impotente dinanzi a questa scena, ma non ho competenze mediche e non so assolutamente cosa potrei fare. Un ragazzo parla inglese e gli chiedo se c’è un medico in paese, visto che ci troviamo proprio all’entrata di uno di questi piccoli agglomerati di case, tipi di questa zona. Ovviamente il medico è fuori per la settimana in corso… povera ragazza.
Un altro ragazzo cerca di parlarmi in un inglese stentato chiedendomi da dove vengo, dove vado, se viaggio solo, dove mi fermerò a dormire… come se dinanzi a noi non si stesse consumando la tragedia di cui sembro essere uno dei pochi testimoni. Tanti sono i curiosi che non vedo più la ragazza, non so se respira o meno, non capisco perché nessuno faccia nulla, perché non la mettano su un furgoncino per portarla da un medico, uno stregone, qualcuno… non capisco perché… non capisco… Ignoro l’idiota che mi parla dinanzi e, mestamente, non posso fare altro che tornare alla mia moto e rimettermi in sella. Mi semrba di abbandonarla, di tradire il giuramento di Ippocrate che non ho mai fatto… Mi sento impotente ed inutile. Vorrei restare, ma non posso fare nulla e lo spettacolo della folla cui ho assistito mi fa preferire di andarmene. Una bambolina è stesa a terra, non so se è ancora viva o no, non so nulla di lei, so solo che dovrà fare tutto da sola se vorrà restare su questo pianeta ancora un po’. Che schifo di giornata. Mi rincammino e sento letteralmente che mi si sta spezzando il cuore. Cos’ha fatto di male per meritarsi tutto ciò? Non so chi è, non so come si chiami e non lo saprò mai… eppure ho un senso di frustrazione adesso… Ero partito col sole in fonte e mi sono divertito come non mai durante tutta la mattinata. Questo episodio arriva per rovinarmi la giornata?
Non penso proprio. La mia giornata è ancora alle stelle, fantastica come quando sono partito. La giornata rovinata è la sua. “Non so chi tu sia, probabilmente non ci rivedremo mai più, ma spero con tutte le mie forze che tu possa farcela…” Percorro altri chilometri scosso per quanto visto pocanzi, ripensando a quanto sia labile il confine fra la vita e la morte. Potrei morire fra dieci secondi, basterebbe che sbagliassi a frenare o mi distraessi un attimo di più e… il brecciolino farebbe il resto. Giù per una scarpata con trecento chili di moto e bagagli. “È così che voglio andarmene?” Decisamente no! Ho troppe cose da fare, vedere, assaporare… Guidare con il pensiero della Morte non è assolutamente piacevole… Meno male che ci pensa una scritta Guest House, su un cartello lungo la strada, a distrarmi da questi pensieri. Incredibilmente, i gestori hanno pensato che qualcuno può voler dormire in queste remote zone del globo… vedi i due ragazzi tedeschi (Sebastian e Oliver) in sella ad una Honda 100 cc in giro fra Vietnam e Laos… o il musicista francese (Alain) in giro per il mondo in sella alla sua bicicletta.
Presentazioni, racconti, foto, cena insieme e tante, tantissime risate prima di andare a dormire. Questo incontro ha dell’incredibile: abbiamo fatto tutti e quattro la stessa identica strada e ci siamo incontrati tutti per caso nello stesso posto. Strano finale per una strana giornata… ma in fondo va bene così, non posso proprio lamentarmi. Dopo quanto visto oggi, non mi lamenterò per un bel pezzo…