Eppure mi sento ancora anestetizzato, come se l’alone grigio degli ultimi giorni in Iran non volesse lasciarmi andare. Un taxi malandato mi accompagna ad ovest, luogo in cui Ravidev, mio ospite, sta lavorando come tecnico audio alle riprese di un film. Intorno a me colori, caos, claxon, smog, umidità, sporcizia, gente… dappertutto.
Sono forse sbarcato su un altro pianeta? Guardo il tutto con occhio attento, ma privo di emozioni. Sì, proprio il caso di dirlo: anestetizzato! Non so se dipenda dal fatto che voglio affrontare questa nuova esperienza senza pregiudizi… oppure perché sono totalmente investito da una valanga di sensazioni nuove che ancora non riesco a decifrare… “INDIA. Paese dai mille colori?” Suona più come l’headline di uno spot (roba da tour operator), non la vera essenza di una nazione così vasta… Forse l’essenza di quel che provo è proprio questo: tenere a bada la mente ed evitare facili giudizi, considerazioni, appellativi.
Francamente non so se è la strada giusta, se il mio subconscio vuole suggerirmi questo o se, semplicemente, sono privo di entusiasmo. Finora ero emozionato come un bambino a cui vengono tolte le rotelle dalla biciletta per la prima volta: quasi come spiccare il volo in una nuova dimensione, con mille incertezze, ma con il sorriso di chi non ha paura di nulla. O quasi. Invece ora… Incontro Ravidev, ragazzo a posto, simpatico e con una parlata davvero originale. Ha una Royal Enfield ed è un motociclista che ne ha viste parecchie… Scambiamo poche chiacchere: il film è in lavorazione e ha il (non facile, visto il casino che proviene dai dintorni e dalla prospiciente strada) compito di registrare e verificare l’audio di tutti i mircofoni in scena. Mi viene presentato il regista, un collaboratore ed un’attrice (davvero niente male!)
Questi ultimi strabozzano gli occhi quando vengono a sapere del mio viaggio e un po’ mi ricordano quanto sia privilegiato in questo frangente. Dopo qualche foto vado a fare due passi sul vicino lungomare. C’è tantissima gente, un carretto trainato da cavalli ed un tramonto mozzafiato. Tanti ragazzi giocano a criket, calcio… taluni fanno il bagno vestiti, altri siedono su caldi scogli neri. Poco lontano baracche, gente che vive con poco, panni e immondizia. Ma non è questo che mi colpisce. Ogni volta, in vita mia, che mi sono ‘ricongiunto’ con il mare, non è stato con indifferenza. Ho assaporato la salsedine nello stretto del Bosforo, abbracciato il Mediterraneo, ho letteralmente gioito nel ‘conoscere’ le acque del Golfo Persico… Eppure stavolta mi affaccio su un panorama eccezionale, in una terra nuova, sognata per tanto tempo… e non sento nulla. Il mio subconscio, sempre presente e sempre lì a parlarmi… a volte assillarmi, a volte distrarmi… stavolta tace miseramente. Mi sento ignorato. “Si può esser ignorati dal proprio subconscio?” Non so, fatto sta che dentro di me tutto tace. E non credo sia la tanto ricercata ‘pace interiore’; mi sa proprio che qualcosa sta accadendo. Non so definire cosa sia, anzi stavolta non ne ho neppure intenzione di provarci… Però più tento di capire, meno riesco a trovare la benché minima risposta. Neppure un indizio, un sospetto… “Sai che c’è? Se il mio cervello ha deciso di prendersi una pausa… ben venga!” Sono più di trent’anni che ci convivo: a volte ci capiamo, a volte meno… stavolta sembra quasi abbiamo litigato, ma capita anche nei migliori matrimoni. E se ha deciso di voltarmi le spalle per un po’, avrà le sue buone ragioni. Non gliene farò una colpa. Almeno credo.
Nella calura e nell’umidità (pazzesca) di questi luoghi ho il mio bel da fare: devo trovare un’agenzia che mi aiuti a superare i cavilli burocratici per recuperare la mia moto, ritirare dei soldi, comprare una SIM card, capire come fare per rinnovare il visto indiano, trovare 3 l di olio motore… il tutto cercando di sopravvivere alle orde di zanzare che infestano Mumbai! E qui c’è poco da scherzare: ho iniziato ad assumere gli antibiotici per la profilassi, mi copro di repellente… ma questi insetti fastidiosissimi (che odio con tutto me stesso) sembrano vaccinati e non perdono occasione di farmi dannare. La mia prima notte è un delirio contraddistinto dal numero otto: tante le ore a tentare di dormire, tante solo le mie uccisioni delle medesime creature volatili, altrettante quelle che sembrano scorrazzare (ancora) nella camera. Al mattino sono distrutto. Mi concedo un po’ di riposo, ma devo mettermi sotto e strapazzare la mia casella di posta: la mia ‘bella’ mi aspetta….