Con la pompa vecchia (poca pressione, ma sufficiente per fare qualche centinaia di chilometri) mi dirigo verso nord e sulla strada mi ricongiungo coi miei amici, che fanno base a Tilcara.
Ci dirigiamo insieme a conoscere Iruya, paesino sperduto fra le montagne con una strada che sale lungo un passo infinito… tanti chilometri in sterrato che valgono veramente la pena di essere vissuti e la ricompensa è stupenda: il villaggio è circondato dai monti e si fa fatica ad immaginare di vivere qua un anno intero… o una vita!
Dormo in teda a Iturbe, poi il giorno dopo via a conoscere El Hornocal e lo stupendo Cierro de los Catorce Colores (nome non ufficiale), poi Uquía e la meritata doccia in Tilcara.
Proprio qua il proprietario dell’ostello ci comunica che alcuni suoi amici l’indomani alle 4:00 conoscono l’itinerario del Dakar e ci invitano a passarla con loro. Prepariamo le moto e l’indomani siamo pronti e puntuali, loro da bravi sudamericani un po’ meno. Raggiungiamo il percorso e ci fermiamo ben oltre i 4000 metri s.l.m., dove dopo diverse ore arrivano i primi motociclisti.
È uno spettacolo vederli danzare fra le dune, poi tocca alle auto e prima dell’imbrunire io e Mauro ci fermiamo in prossimità di una curva a segnalare un fosso profondissimo dove una moto sprofonderebbe e l’arrivo degli arrembanti camion (davvero impressionanti per velocità, forza bruta e potere frenante!) decreterebbe la fine della vita del suo pilota.
Alcuni poliziotti vogliono farci desistere, ma facciamo capire loro che stiamo cercando di aiutare e il compito spetterebbe più a loro che a noi, quindi ci spacciamo per membri di un team e smettono di rompere. Continuiamo fino a notte quando arriva la pioggia ed il freddo. Il via libera della polizia arriva quando l’ultimo concorrente è passato e siamo noi tre con le moto ora ad avere seri problemi per percorrere gli appena 3 km che ci separano dall’asfalto: pioggia, oscurità, solchi profondissimi scavati dai camion e due crateri impressionanti da cui tenerci lontani. Almeno potrò raccontare di aver percorso 3 km di prova speciale anche io al Dakar 2017!!!
Ce la scampiamo e siamo di nuovo lungo il passo, ma stavolta piove a dirotto, la strada è invasa da sassi di veicoli in gara che hanno attraversato le curve per risparmiare tempo e gomme e il mio terzo faretto non funziona: procedo a rilento con un camion davanti e finalmente mi ricongiungo con i miei amici, i quali non avevano problemi di visibilità.
Via a folle velocità tornando a San Salvador de Jujuy dove ci aspettano tre pass per entrare nel bivuac: grande Mauro!!! Siamo DENTRO al parco chiuso del Dakar dove si sentono rumori meccanici da tutte le parti, nessuno dorme (a parte i piloti distrutti dalla pesante tappa odierna) e noi siamo ridotti come stracci. Passiamo gongolanti attraverso veicoli che sembrano usciti da un film di fantascienza, poi l’indomani mattina vediamo i piloti partire e ci sentiamo un po’ parte anche noi di questa folle gara.
La mia Africa viene notata da molti, sarebbe stato bello condurla alla Dakar in Africa, magari escogiterò qualcosa io… 😉 Quando decidiamo di allontanarci (non prima di scroccare una succulenta colazione alla mensa ufficiale) esco dal portone principale con gente che mi scatta foto e mi saluta, proprio una bella sensazione!
Torno dal meccanico e mi accosto dopo “appena” trentasei ore sveglio, non male! La pompa della benza arriva dopo altri due giorni e finalmente sono pronto a partire verso Purmamarca per conoscere il Circuito Los Colorados, poi la Salina Grande ed infine Susques, ultimo avamposto prima del Paso del Agua Negra, situato a circa 5000 m s.l.m. La moto soffre molto in salita, la carburazione decisamente non è ottimale e dovrò rivederla, ma che bella notizia!
Giungo finalmente a San Pedro de Atacama, saluto l’Argentina dopo mesi di convivenza, non so quando ci rivedremo, ma ora tocca puntare verso nord!