Caldo torrido, solo viaggiando posso avere un minimo di refrigerio grazie all’aria. Gli occhiali della Raleri mi concedono di viaggiare con la visiera aperta e questo mi garantisce un po’ di aria in più sul viso ed una respirazione migliore. Ma, ad ogni fermata, fra giacca e pantaloni, è una sofferenza… testimone è il sottocasco della Tucano Urbano: sebbene sia freschissimo e di morbidissima seta, non ci metto molto ad impregnarlo di sudore.
A parte il caldo, viaggio tranquillo, paesaggi mozzafiato e strada perfetta; poco traffico, solo un bel po’ di vento trasversale molto fastidioso. Un pensiero mi attraversa la testa e mi accompagna per diversi chilometri. È strano, cercherò di spiegarmi. Non so come mi sia balenato alla mente, ma pensate un po’: quanto tempo perdiamo, nel corso della vita, a aprire e chiudere lucchetti, serrature e porte? Quanto tempo impiegato a fare duplicati di chiavi, telecomandi… Spero non vi sia capitato, come a me, di rimanere fuori casa… Ore buttate, in cui avrei potuto fare ben altro: ascoltare musica, leggere un libro, conoscere gente…
Sarà un pensiero strano, ma se penso a tutto il tempo perso a cercare chiavi nelle tasche, attaccare lucchetti, bestemmiare quando non ricordavo le combinazioni… Se moltiplico tutto questo per tutti i giorni che ho vissuto… insomma, se fossimo tutti un po’ più civili potremmo guadagnarne in qualità della vita… ma soprattutto in quantità. Non so come m’è venuta ‘sta cosa; non sarà il più profondo dei pensieri che potessi fare, ma mi fa riflettere sul mondo che viviamo… Tornando al viaggio: al confine con la Bulgaria realizzo che sto lasciando la Serbia, il Paese che, sinora, mi ha colpito di più. Non ho nulla da lamentare a tutti gli stati che ho attraversato: gente disponibilissima e belle sensazioni ovunque. Ma la Serbia mi ha letteralmente segnato… L’ingresso in Bulgaria non è problematico, anzi: gli ufficiali vedono il mio byte e, lasciandomi andare mi dicono: “Valentino Rossi!” Fenomenali.
A parte questo, durante i primi chilometri noto la differenza con quanto visto prima. La strada è buona, ma appropinquandomi verso Sofia (l’unico vero grande centro cittadino che incontro lungo l’autostrada) realizzo che la fama di pessimi guidatori dei bulgari non è infondata. Sofia mi fa un certo effetto… ancora non l’ho neppure assaggiata, eppure mi sto condizionando da solo. E non mi piace. Guido diligentemente lungo le strade cittadine, evitando i binari del tram (davvero poco simpatici per la mia ruota anteriore) e cercando di farmi capire, cercando la via del mio prossimo ospite. Il GPS ha in memoria solo le strade principali, quindi devo arrangiarmi da solo. Dopo un’ora trovo la via e incontro Vladimir, contattato tramite Couchsurfing e lieto di ospitarmi. Scarico la moto, mi dà una mano… peccato viva al quinto piano senza ascensore. Di borse ne ho in quantità: le prime a salire (ormai ho una sequenza brevettata, eh eh!) sono la borsa GIVI da serbatoio e quella da sella. Seguono le interne presenti nelle valigie d’alluminio, subito dopo le borse laterali GIVI che ho ancorato al paraserbatoio Ricky Cross (si vede che sto facendo un po’ di pubblicità?!). Visto che la moto starà ferma alcuni giorni scarico anche le valigie in alluminio e metto al sicuro loro e la tenda ed il sacco a pelo ancorati sui coperchi delle stesse. Cinque piani a piedi… dopo Nis sono quasi abituato… ma ben altre vette mi aspettano. È presente anche Ashleen, la sua fidanzata (francese) e l’indomani recuperiamo anche Milosh e Dora (sloveno lui, greca lei) per tentare la scalata a Musala, la vetta più alta della Bulgaria.
Piccolo spostamento in macchina (Sofia è circondata dalle montagne), funivia e mi ritrovo a 2300 m.s.l.m. bel viaggio: cinque nazioni nell’abitacolo di una Skoda pagata appena il doppio della mia macchina fotografica. Semplicemente fantastico! Lungo il cammino socializzo molto con Dora: ha ricevuto un’offerta per lavorare a Sofia e dopo dieci ore dalla telefonata era sul posto. Mi piace questo tipo di approccio alla vita: sempre pronti, sempre disponibili al cambiamento. Chiacchieriamo del più e del meno e dopo questa bella scarpinata di tre ore e mezza e mi ritrovo ai piedi della vetta, manca l’ultimo strappo per la cima. Tuttavia non sono abituato ad arrampicarmi così velocemente, in più dobbiamo ritornare prima della chiusura della funivia. Decido di fermarmi con Dora ai piedi della vetta e risparmiare le energie perla serata. Il programma è dei migliori: festival di musica Rock in Rila (pochi chilometri) e nottata in tenda! Adesso, più che al caldo, devo stare attento al freddo!
Montiamo le tende e incominciamo con la birra… musica di cui non capisco una beneamata mazza, ma l’atmosfera è fantastica. Sono in Bulgaria, ho quattro amici simpaticissimi, sono ad un festival Rock nel bel mezzo delle montagne e non ho altro in mente se non godermi la serata. Cosa posso chiedere di più? Entro molto in confidenza con Milosh e mi faccio un mare di risate! È simpaticissimo, siamo molto in sintonia e apprezzo molto a sua spontaneità ed il suo spirito libero.
Ci divertiamo fra musica, falò, tende, mXXXa di cavallo, birra e la peggiore cena da quando sono partito. Ma sto bene. Benissimo. Praticamente (come si dice a Termoli) come un cecio! Indosso il sotto tuta da moto e la felpa di pile: ho sacrificato mezza borsa laterale per portarmi dietro l’abbigliamento invernale, adesso il tutto ha un senso. Vado a dormire nel sacco a pelo felice, il giusto tasso alcoolico nel sangue ed un sorriso grosso come la tenda che mi ospita. Ed è due posti!