Via lungo un’autostrada anonima e poco trafficata verso Bangkok… Dall’entrata della città all’abitazione del mio amico, stavolta, ci metto molto meno grazie all’esperienza di poche settimane fa. E come in un déjà vu la moto viene riparcheggiata allo stesso modo, i bagagli disposti in casa e riprendo la mia postazione sul solito tavolo, con PC e foglio per gli appunti. Ma sento che un po’ di cose sono cambiate.
Merito dei Paesi che ho da poco attraversato? Merito di polvere, fiumi e dogane? O semplicemente sto acquisendo una consapevolezza diversa, unita ad una maturità ‘di viaggio’? Non so, io ancora mi sento un bimbetto, ma l’aria di Bangkok ha un effetto strano su di me… e non mi riferisco ai gas di scarico delle macchine! Rivedo un po’ di posti conosciuti dopo migliaia di chilometri di strade nuove (quando c’erano); ritorno alle abitudini di una città che ho già battuto… in cui mi sento libero di muovermi come fossi un abitudinario. Incontro Teo, ragazzo italiano partito qualche mese prima di me: errante in sella alla sua moto, sempre in cerca di colori e sensazioni nuove. Da tempo ci confrontavamo: non ci siamo visti per poco in Nepal, ora ci scambiamo un po’ di sensazioni e mi chiede voracemente del Laos, sua prossima meta. Peccato non aver viaggiato insieme su quelle strade, ci saremmo divertiti, e parecchio! Dal canto mio, devo concentrarmi e prepararmi ai prossimi spostamenti: Kuala Lumpur non è lontana, ma sempre di ‘bei’ chilometri si tratta. Mentre mi preparo rivedo una persona un po’ particolare che aveva colorato la mia permanenza prima del mio ‘tour Laos-Vietnam-Cambogia’. Fa piacere rivedere persone sorridenti e solari, specialmente quando hanno due begli occhietti e la voce velata. Sarà dura spiegare che sono in viaggio…, e che non mi sento ancora pronto a fermarmi. Sono alla ricerca di qualcosa, sì, ma non sono convinto di averlo trovato. Ancora.
Per carità: qua ci sto bene, ‘da dio’ come si dice… però non poso fermarmi proprio ora. In macchina prima di salutarci sento un turbinio di emozioni: la voglia di restare c’è e la sensazione di abbracciare qualcuno in maniera sincera e di sentirsi dire certe cose… fa effetto. Non sono di pietra, ma non è il mio momento. Fossi arrivato qua in altra maniera, fosse stato un altro momento… forse un pensierino l’avrei fatto, ma stavolta ci sono troppe cose che non quadrano. O, almeno, è questo quel che mi ripeto mentre allaccio il casco. Questo Paese mi ha sempre lasciato una sensazione addosso difficile da spiegare. E spero sempre di poterci tornare. Ancora. Anche adesso. Ma prima ho un po’ di cose da fare. E tante cose da capire. E la strada è lì che mi aspetta, prodiga di consigli ed insegnamenti.
Parto con tanti pensieri… e troppi pensieri in moto non stanno bene, quindi meglio lasciare la leadership al polso destro. Di nuovo autostrada: traffico pesante e poco da vedere… decido di addentrarmi lungo la statale per avere un minimo di respiro e concedere ai miei occhi qualcosa in più di segnali stradali e camion. Raggiungo Prabhap Khiri Khan, sulla costa, dove decido di fermarmi per la notte. Cena vicino al mare, quel mare che immenso che mi vedrà spesso lungo i prossimi Paesi. Dormo sotto un portico felice e con la testa un po’ meno vorticosa. Tante zanzare mi vengono a trovare e decidono di fare compagnia ai miei sogni… per fortuna le scimmie sono un po’ più in là, altrimenti sarebbe stata una notte ancor peggiore.
L’indomani mi sveglio bello carico: l’aria salmastra favorisce la mia ripartenza mattutina (mi riferisco al corpo più che all’anima!) e dopo poco sono ancora a macinare chilometri in direzione Sud. Stavolta l’autostrada mi vede col binocolo e mi addentro verso stradine polverose e contorte per trovare, ancora e ancora, il mare. So che fin quando viaggeremo insieme, non mi sentirò in pericolo e avrò un fedele compagno, come me, sempre in movimento. Incrocio palme, sabbia, breccia e tanto, tantissimo sole. Bevo quanto più posso, ma il caldo è davvero notevole e appena mi fermo sento quasi di squagliarmi come miele. In compenso vedo paesaggi da incorniciare ad ogni battito di ciglia e mi sento libero come un gabbiano. Felice. Come più e più volte lungo questo cammino, ma… il mare ha sempre incrementato in maniera esponenziale questa mia sensazione. Magari qualcuno riuscirà a dirmi il perché?
Raggiungo Nakon Si Tammarat, posto sperduto (almeno per il mio navigatore, che ne ignora l’esistenza nella maniera più assoluta) e pianto la tenda in spiaggia, dinanzi ad un ritrovo per pescatori, intenti a bere tè, caffè e masticare un po’ di foglie… Mi lavo (finalmente!) con un tubo da giardino, mi asciugo all’aria aperta e cammino un po’ lungo la spiaggia buia e solitaria. CaXXo che storia, sono qua e ancora non ci credo! Pianto la tenda sotto un cielo stellato bello come non mai, a poca distanza da palme cariche di noci di cocco pronte a cadere giù come bombe. Lampi all’orizzonte e un sottofondo musicale semplicemente inebriante… Fatico a dormire a causa degli oltre 28 °C nella tenda, ma non posso proprio lamentarmi. Stasera mi sento un romantico viaggiatore d’altri tempi, con una moto carica di sogni e di speranze, allontanandomi da chi mi aveva chiesto di tornare appena possibile… In un turbine di confusione, sudore e onde le mie meningi trovano finalmente pace per poche ore.
L’indomani la sveglia suona presto, ma è il sole a farmi tirare fuori la testa dal ‘nido’. Dopo pochi minuti dal suo sorgere inizia a fare caldissimo e lesto chiudo la tenda e mi rimetto in marcia. Non ci metto molto a raggiungere la frontiera malese, fradicio di sudore e spettinato come Benigni. L’uscita dalla Thailandia avviene sotto una pioggerellina malinconica… sarà un caso?