Mi metto in strada che già prevedo qualcosa di strano, ma quando le ruote toccano l’asfalto ci vuole poco a raffreddare gli attriti: tanta acqua che lambisce la loro superficie e mi ritrovo zuppo come un anatroccolo. Per fortuna all’interno degli strati della tuta sono al calduccio, un po’ meno i piedi che risentono degli stivali praticamente alla frutta: l’acqua passa inesorabile e devo risolvere con due buste di plastica, dal risultato sufficiente, ma non bastano. Appena in Italia dovrò risolvere il problema, magari qualche sponsor dall’animo tenero mi farà un bel regalo 😉 Via sotto una pioggia costante, mai troppo forte, ma sempre ben presente. Viaggio con costanza, ma prudente per via del vento e dell’intenso traffico pesante. Raggiungo Mercedes dove è presente l’altare più famoso del Gauchito Gil, ma l’insistenza di due parcheggiatori e la pioggerellina ancora presente mi fanno fare dietro front in un istante.
La strada verso la Laguna Ibera mi è sconsigliata per via degli spessi strati di terra, ormai fango, che la compongono. E dire che sono arrivato sin qua solo per questo. Trovo una struttura con tanto di porticato e cancello e decido che sarà la mia dimora per la notte: convinco il custode a lasciarmi dormire là, mentre lo ascolto parlare in una lingua che per la prima volta mi sembra assolutamente estranea: il dialetto locale è molto difficile per me.
Piazzo tutto mentre spero che giacca, pantaloni e stivali si asciughino, ma vanamente. L’indomani lo scenario non cambia e devo sorbirmi ancora acqua a non finire. Parto completamente raffreddato, col naso chiuso e qualche linea di febbre, speranzoso di rincontrare i raggi dl sole, ma poco fiducioso. Così infatti mi sparo altre quattro ore di guida di cui avrei fatto volentieri a meno: camion e acqua, vento e camion, acqua e vento. Quando finalmente decido di averne abbastanza mi fermo in un posto di controllo della polizia e chiedo gentilmente di parcheggiare sotto ad un portico. Mi viene offerto del mate caldo e, viste le mie condizioni, di stazionare nella casetta dove solitamente la polizia si appoggia quando è presente per ispezioni e controlli. Dal Paraguay entrano moltri contrabbandieri e la zona è molto pattugliata. Mi fermo ben due notti, in compagnia di un capitano e della sua compagna che stazionano stabilmente qua. Super premurosi, mi aiutano a recuperare un po’ dalle fatiche e dalla malattia che, da settimane a questa parte, ha deciso di non lasciarmi in pace. Non capisco cosa ci sia che non vada: in fondo non sono stanchissimo, alterno giorni di debolezza a giorni di apparente recupero, ma non basta per farmi recuperare completamente.
Lascio questo posto franco la mattina prestissimo, con un freddo pungente e tanta nebbia, ma finalmente col sole che si riaffaccia a darmi forza ed allegria. Raggiungo la strada che lambisce il fiume Paraguay ed il Brasile è appena sull’altro lato. Quanto basta a farmi tornare il sorriso e coprire curve e dislivelli sotto ad un sole finalmente presente. Ricarico le pile fra una curva e l’altra e raggiungo Oberà, dove incontro Matias e vengo invitato presso la sua dimora in campagna.
Vengo istruito sul tragitto che sembra complicato dalla pioggia, ma mi viene assicurato che è perfettamente percorribile in moto. Peccato che il mio amico vada a cavallo e non abbia la minima idea di cosa significhi condurre 300 kg su fondo scivoloso! Supero una discesa col freno posteriore che fa scodare la moto a destra e sinistra, rifarla in senso inverso sarà un bel problema. Attraverso un fiume e scendo talmente tanto nel profondo della foresta da raggiungere tratti completamente sconosciuti ai raggi del sole: la pioggia di questi giorni li rende scivolosi come ghiaccio. Cado una infinità di volte e solo grazie all’aiuto del mio amico riesco a tirare su la moto in alcune occasioni. In alcuni tratti non riesco neppure a mantenere l’equilibrio sulle mie gambe ed in moto mi stupisco ogni metro di più di come io possa proseguire oltre. Le ruote, piene di fango, diventano come slick da pista, mentre io e la mia bella ci coloriamo di arancione. Sono esausto: ogni cento metri c’è una pozza di fanghiglia profonda che mi impone di guidare in prima marcia, accelerando nel disperato tentativo di oltrepassare strati e cumuli di fango. Si aggiunge un altro ragazzo, a bordo di un leggero cinquantino, a spingermi nei momenti più difficili e solo dopo l’ennesima caduta posso raggiungere la dimora del mio amico. La moto è infangata e le borse ammaccate, io sono a pezzi, stanco e ancora febbricitante. Quando mi tolgo gli stivali esce vapore acqueo…
Non c’è acqua calda e dovrò aspettare domani per docciarmi, inizia a fare subito freddo sin dopo il tramonto. Una bella cena rinvigorente e poi subito in tenda: il mio amico vive anch’egli in una casa di tela e la sua dimora conta di un orto, un bagno quasi all’aperto, un ruscello ed una cucina a legna. Due gatti gli fanno compagnia, mentre il cavallo è a riposare e a mangiare. Mi incammino verso la tenda e i due simpatici amici pelosi vengono a farmi compagnia, scaldandosi e scaldandomi mentre la nebbia avvolge tutto. Intravedo delle stelle nel cielo stellato e questo mi basta come ‘buonanotte’. L’indomani colazione gustosissima (Matias cucina davvero bene!) e mi viene spiegato come è stata impostata la dimora ove mi trovo adesso. Si tratta di un progetto ecosostenibile dove le strutture, ancora allo stato di scheletro, verranno erette con lo stesso fango che mi ha fatto tanto dannare: indurito diventa un ottimo materiale da costruzione e, soprattutto, qui ce n’è in abbondanza. La zona di Misiones ne è ricca e solo una piccolissima parte delle strade è asfaltata. A questo indirizzo è possibile vedere cosa il mio amico faccia e come abbia deciso di mollare la sua vita in città per dedicarsi alla campagna, alla vita semplice, ma non sacrificata, e soprattutto ad armonizzarsi con la natura e con il mondo intero: https://www.facebook.com/pages/Proyecto-Cocreativo-El-Naranjo/1382122462026783 . Sento di avere tanto in comune con questo ragazzo e la sua compagnia è eccezionale.
Lo aiuto quel poco che posso con il machete a fare un po’ di largo fra le fronde degli alberi e delle piante per accedere alla diverse parti della sua dimora, mentre combatto la tosse ed il raffreddore come posso. Matias mi insegna un sacco di cose circa piante ed alberi, foglie e ricette semplici, mentre io gli spiego qualche nozione motoristica, visto che un suo prossimo potenziale ospite motociclista dovrà esser ben edotto dei rischi e delle vicissitudini che dovrà fronteggiare qualora volesse visitare la sua dimora. Spostarsi a cavallo non è la stessa cosa ed il fango di Misiones, mi verrà detto in seguito, ha bloccato TUTTI i piloti (auto, moto, quad) durante una qualifica piovosa per una Dakar. La permanenza in questo piccolo angolo di paradiso mi è gradita, ma la preoccupazione di come potremo (io e la mia bella) uscire da questo pantano mi fa godere un po’ meno delle ore a mia disposizione. Non per nulla durante l’ultima notte inizia a piovere ancora una volta: entro in tenda di pessimo umore, ma fiducioso che l’indomani sarò ancora una volta stanco, ma soddisfatto.