
Mi fermo molte volte a scattare fotografie e godermi i panorami: sono ben lontano da autostrade e superstrade e la vista delle montagne che mi circondano è davvero inebriante. Unica, grande pecca: l’asfalto. Posso dirlo: fa veramente schifo da queste parti! Praticamente viaggio su un letto di pietre, incastonate alla bell’e meglio nel piano stradale.
La sensazione è di viaggiare su una grattugia e non vorrei essere al posto degli pneumatici. Dopo un po’ ci si abitua, tuttavia un curvone verso destra mi aspetta con una sgradita sorpresa: è pieno di pietrisco ed è impossibile notare la differenza con la strada ‘normale’! Fortunatamente lo sterzo inizia a parlarmi a gran voce e mi avvisa del pericolo. Allargo la traiettoria e vado a finire nella corsia di sorpasso, così salvo capra e cavoli. Davvero sono sbalordito: è praticamente impossibile vedere dove iniziano i tratti coperti dal pietrisco, visto che l’asfalto stesso è una massa di sassolini incollati gli uni agli altri. Riparto a velocità molto ridotta e spalanco gli occhi, quasi fossero davanti agli occhiali.
Più vado avanti e più la situazione peggiora: a destra della carreggiata ho una mare di ghiaia, metà della corsia di soprasso è invasa da questi sassolini e la cosa dura per decine di chilometri! Pazzesco! Guidare così è veramente poco piacevole e mitiga la libido d’inizio mattinata. Ciò è dovuto (mi diranno poi) al fatto che in Turchia non c’è molta cultura motociclistica e, quindi, non si preoccupano della sicurezza dei motociclisti stessi. Quindi: sassi di ogni genere nel bel mezzo della strada sono una cosa perfettamente normale! Be’, un po’ come i guardrail assassini in Italia… il popolo centauro ringrazia sentitamente! Giungo a destinazione davanti alla farmacia di Izmael, mio nuovo ospite. Ad accogliermi c’è… indovinate un po’? Bahar! Va be’, da Gaziantep a qui sono due ore di autobus e voleva visitare il monte Nemrut… eh! Cena gustosissima a casa di Izmael (si è diplomato ad una università di cucina con il massimo dei voti) e un bel po’ di chiacchere. Ha sei fra fratelli e sorelle ed è affamatissimo di conoscenza. Mi fa un sacco di domande e vorrebbe anche lui viaggiare per il mondo. Il suo sogno è il Sud America, ma per i Turchi è più complicato ottenere i visti (rispetto a noi cittadini europei) e prima di due anni non potrà tentare di realizzare il suo intento… sorprendentemente anche lui è fan del Livorno per gli stessi motivi di Berkan in Adana.
È entusiasta di avere ospiti dentro casa e ci tratta da re! Si vede che gli inverni di Adiyaman sono lunghi… L’indomani il programma prevede la visita al monte Nemrut: su di esso vi sono delle tombe risalenti al primo secolo avanti Cristo e nel 62 a.C. (se non dico cavolate) il re Antioco fece costruire due terrazze: una per gustarsi l’alba, l’altra… il tramonto. Semplice no? Be’, considerando che ha condito il tutto con statue di divinità di ogni genere (oltre alla sua personale raffigurazione) alte sette metri ciascuna e che il complesso si trova a 2136 m di quota… La strada mi preoccupa un po’ (considerato quanto visto sinora), ma più che altro sono timoroso circa il meteo. La possibilità di vedere l’alba non è presa neppure in considerazione: significherebbe partire alle due, massimo tre di notte e con le temperature che ci sono da queste parti… L’unica è il tramonto, ma Bahar non ha capi tecnici e, sebbene io stia ancora ringraziando di non aver lasciato a casa il mio abbigliamento invernale (sono partito che c’erano 32 °C, meno male che –almeno stavolta- sono stato lungimirante) l’idea di farmi 70 km di curve a 9 °C non mi fa sorridere.
Mitico Izmael: si propone di andare tutti insieme in macchina e noi non muoviamo la minima critica! Infatti l’indomani siamo tutti contenti nell’abitacolo di una macchina (stavolta cedo volentieri alla comodità) verso il mitico monte Nemrut. Sulla via visitiamo il sito di Perre (bel nome!): un cimitero immenso interamente scavato nella roccia. Solo una parte è in superficie, ma rende l’idea della vastità del sito. Valli a capire questi Turchi: scavano dappertutto… da millenni! Forse è meno faticoso del produrre mattoni? Mah! Subito dopo pranzo a base di pesce sulla riva del lago artificiale più vasto di tutta la Turchia e poi in cabrata (è il caso di dirlo) verso uno dei tramonti più suggestivi che abbia mai visto in vita mia. La strada che mi separa da questa esperienza è, come da programma, non delle migliori, ma pensavo peggio. In quota la temperatura cala vistosamente, ma il panorama è mozzafiato. Gli ultimi metri dalla vetta richiedono circa 15 min. di cammino e bisogna coprirsi veramente bene: oltre al freddo tira un vento allucinante! Sulla sommità lo spettacolo è da cineteca: vista eccezionale, davvero degna di un re! Sfortunatamente il tempo e gli sbalzi climatici hanno eroso moltissimo le statue, ora consistenti in corpi decapitati e teste sistemate in maniera più o meno scenografica. Sicuramente hanno visto tempi migliori. Ci spostiamo verso la terrazza del ‘tramonto’ (affollata da una miriade di turisti tedeschi) e ci godiamo gli ultimi scampoli di sole.
L’aria diventa sempre più pungente ed è emozionante vedere le montagne sottostanti cambiare costantemente colore. Sembra banale dirlo, ma per qualche istante mi sento anche io un re. Antioco doveva avere gusti particolari ed essere una persona di larghe vedute (non per nulla tutte le statue presenti raffigurano divinità di ogni parte dell’allora ‘mondo conosciuto’). Certo, si era concesso un lusso da re, ma come dargli torto? E se oggi, a più di duemila anni di distanza, gente comune come me può assaporare lo stesso privilegio… be’, è soprattutto merito suo. Lentamente il Sole compie il suo circolo immaginario intorno alla Terra e va a ‘riposare’ dietro una montagna non troppo distante. Un applauso generale dei crucchi (“Sembrano quasi stupiti: forse non pensavano che sarebbe andata a finire così?!”) segnala fine dei giochi e dopo esserci gustati lungamente gli ultimi barlumi di luce, riprendiamo la via verso la macchina. Qui di luce ce n’è veramente poca, credo che ammirare la volta celeste su questo monte potrebbe essere la degna conclusione di un’escursione magnifica. Tuttavia inizia a fare immediatamente freddo… Torniamo a casa di Izmael e stavolta mi tocca cucinare di nuovo: oltre alla lezione di lingua vuole vedere un ‘vero’ italiano alle prese con i fornelli e con la pasta…
Stavolta però (cavolo, proprio il giorno dell’esame più importante!) non rendo al meglio, ma i miei commensali non se ne rendono troppo conto… Una giornata meravigliosa, superlativa otto ogni profilo… come ogni buon dramma… non poteva avere una fine diversa: Bahar deve finalmente tornare verso casa e verso la sua famiglia. Per me è tempo di muovere decisamente verso Est e non ci saranno altre occasioni d’incontrarci. Almeno in questo mio cammino. Separarci è veramente dura e non pensavo sarebbe stato così difficile. Le ultime parole, gli ultimi abbracci e qualche lacrima scavano un profondo solco dentro di me. Per tanto tempo ho avuto i miei buoni motivi per odiare le stazioni. Ci avevo messo una pietra sopra, ma adesso sento che la ferita è di nuovo scoperta. Era tanto che non mi sentivo così e… francamente non ne sentivo la mancanza. “Forse che, per voler bene ad una persona, sia necessario soffrire?”
Non lo so, fatto sta che è decisamente la serata più triste da quando sono partito e ci metto un po’ a metabolizzarla. Ripenso a quante persone ho incontrato lungo il viaggio: alcune di esse sono state veramente importanti per me (nonostante il poco tempo condiviso) e anche la separazione da loro mi ha segnato. Mi interrogo per un po’ su questa cosa: so che mi capiterà ancora e mi chiedo come farò ad affrontarla. Ma non è tempo di risposte, per ora solo un malinconico silenzio e tante fotografie…